It Follows (2014)
Nei tranquilli sobborghi di una città americana, una ragazza concitata
fugge di casa in auto pur ripetendo che tutto va bene. Poi, piangente,
telefona al papà dicendogli che vuole bene a lui e alla mamma. Il
mattino dopo viene trovata morta, spezzata in una posizione grottesca.
Un'altra ragazza, Jay, esce con Hugh, un ragazzo che le piace. Vanno al
cinema, ma ne escono precipitosamente e, per Jay, inspiegabilmente: Hugh
diventa infatti improvvisamente nervoso dopo aver visto una ragazza che
Jay non riesce a vedere. La sera successiva, dopo aver fatto l'amore
con lei in auto, Hugh cloroformizza Jay, che si risveglia legata a una
sedia in una zona solitaria. Hugh le spiega che una "cosa" la inseguirà:
qualcuno l'ha trasmessa a lui e adesso lui l'ha trasmessa a lei.
Potrebbe assomigliare a qualcuno che conosce o essere uno sconosciuto
tra la folla. Per Jay si apre un abisso d'orrore che deve affrontare con
l'aiuto dei suoi amici, ma dal quale sembra impossibile uscire.
L'inizio - con la morte della prima ragazza - è molto efficace
nell'introdurre una situazione ricca di mistero e di suspense, dominata
da qualcosa di inspiegabile, ma ha anche lo scopo di rendere subito
chiara la pericolosità del fenomeno che altrimenti potrebbe sembrare
solo bizzarro. L'idea di partenza è brillante, con la semplicità delle
buone idee: uno spunto ancorato nella tradizione, ma svolto con
sapienza. L'orrore striscia dentro la vita semplice della protagonista
come una malattia, un destino incombente.
Come uno zombie, la "cosa" è lenta, ma inesorabile e la sua capacità di
presentarsi in forme sempre diverse la rende capace di notevoli
suggestioni macabre, con la malevolenza e l'ineluttabilità dei fantasmi
giapponesi. Richiama le "presenze" opprimenti della tradizione
britannica ("L'incantesimo dei runi" di M.R. James, per esempio, da cui
prende anche la trasmissibilità della maledizione), ma in versione
moderna (tanto per dire, la trasmissione avviene per via sessuale). La
"fisicità" di questo essere fantasmatico lo rende un "mostro" micidiale,
misterioso, sinistro e impenetrabile nei suoi fini. Di fronte a un male
indecifrabile e incomprensibile che si presenta nelle forme più diverse
e spesso dimesse, se non addirittura con l'aspetto di persone care,
ogni difesa sembra impossibile.
La tensione è costante, ben sostenuta. I personaggi sono tipici, ma resi
credibili da un buon approfondimento dei caratteri: del resto, le
caratteristiche psicologiche sono cruciali per lo sviluppo della storia.
La fase centrale, in parte "investigativa", è un po' meno ricca di
efficacia macabra, ma è strumentale per un terzo atto finale che non
delude.
Notevole esempio di horror intelligente, teso, capace di rendere
credibile una incomprensibile minaccia ultraterrena inserendola
perfettamente in una realtà quotidiana sapientemente trasfigurata per
definirne i contorni desolati da post crisi economica: la città sembra
spopolata, spettrale simulacro del classico sobborgo urbano americano
(il film è girato dalle parti di Detroit), dove i ragazzi si aggirano
praticamente da soli, abbandonati da adulti inesistenti o inefficaci.
Pervaso da un'atmosfera quasi irreale, il film lascia un genuino senso
di disagio nello spettatore, con il mostro che sembra rappresentare il
senso di colpa di una società alla resa dei conti con se stessa e la sua
antica opulenza.
La regia di David Robert Mitchell (promettente regista appena al suo
secondo lungometraggio) è misurata, attenta, matura, non ricerca effetti
facili, ma privilegia movimenti di macchina parchi ed essenziali, al
servizio della narrazione, mostrando uno stile elegante e già sicuro. La
musica di Disasterpiece (Rich Vreeland), straniante e sinistra, è un
vero valore aggiunto.
Nessun commento:
Posta un commento